venerdì 25 luglio 2008

Sempre più giù.

Scommettono un trilione contro l'America di Maurizio Blondet

Il segretario al Tesoro Henry Paulson ha ottenuto 800 miliardi di dollari (sotto forma di aumento del debito pubblico) per cercar di salvare Fannie Mae e Freddie Mac, i due enti esposti con metà dei mutui immobiliari USA. Paulson potrà comprare gli «attivi» e i titoli di questi enti, ha carta bianca.

Mettiamo le cifre in prospettiva: 800 miliardi di dollari è il bilancio di un anno del Pentagono; e sono quasi il 10% del debito pubblico federale (9,5 trilioni, ossia 9.500 miliardi di dollari). Di colpo, un 10% che si aggiunge al debito più mostruoso della storia; lo dovranno pagare i contribuenti. Di fatto, è un salvataggio disperato degli speculatori rovinati dai loro subprime; ed è anche una mossa necessitata.

Per coprire il suo deficit, l’America confida nei Paesi stranieri che comprano i suoi Buoni del Tesoro. Se crollano Fannie e Freddie, la fiducia di quei debitori sarà alquanto scossa - è il minimo che si possa dire. E i creditori scottati rischiano di non far più credito agli USA.

Un terzo del debito emesso da Fannie e Freddie è stato acquistato dalle Banche Centrali estere. La Cina detiene 376 miliardi di dollari di titoli delle agenzie federali americane; la Russia ha il 21% delle sue riserve investite in obbligazioni di Fannie e Freddie (sembravano sicuri, pochi mesi fa).

Se Fannie e Freddie precipitano nell’abisso dell’insolvenza, non solo l’America, ma Russia e Cina, e gli altri Stati esteri (che nell’insieme detengono 1,3 trilioni di dollari di titoli di debito delle due agenzie) finiscono nella spazzatura della storia. E’ il bello della globalizzazione e della interdipendenza economica mondiale.

E’ anche il paradosso della superpotenza del liberismo ideologico, del meno Stato e più mercato, che opera il più mostruoso intervento pubblico nell’economia - più precisamente nella finanza - che si sia mai visto nella storia. E’ la forma più disonesta di socialismo: anzichè nazionalizzare Freddie, Fannie e le banche insolventi e dichiarare: le sovvenzioniamo perchè sono di pubblico interesse, Paulson e Bernanke fanno ancora finta che ci sia un «mercato», dissimulando le sovvenzioni in un’enorme manipolazione dei mercati privati, e nascondendo il prezzo che graverà sui contribuenti.

Sovvenzionano, del resto, la sfera della finanza, non i piccoli proprietari rovinati dal mutuo variabile, non le attività economiche essenziali. Un socialismo per miliardari. O per grandi creditori, Cina, Giappone e Russia. Ma questa è filosofia.

Oggi, è urgente la domanda: ce la farà Paulson a salvare Fannie e Freddie? Basteranno 800 miliardi di dollari? Non è affatto certo. Perchè in queste stesse ore, la speculazione globale sta giocando d’azzardo «contro» l’Azienda America, e specificamente contro Fannie e Freddie, scommettendo sul loro ribasso - e creando una irresistibile pressione al ribasso. Come lo fanno? Con le vendite allo scoperto, «short». Gli speculatori vendono titoli che non possiedono, ma che si sono fatti prestare, attendendo di poterli comprarli (per la consegna all’acquirente) ad un prezzo più basso, prima di dover restituire il prestito.

Adesso, informa Bloomberg (1), ci sono nel mondo 1,4 trilioni di dollari di azioni e titoli presi in prestito, con un aumento del 33% rispetto al 2007. Chiaramente, sono i ribassisti che aspettano di assestare il colpo quando Freddie e Fannie crolleranno; giocare al ribasso è il solo modo di guadagnare, oggi, sui «mercati».

Ancora una volta, mettiamo la cifra in prospettiva: 1,4 trilioni, sono 1.400 miliardi di dollari. Quasi il doppio della immane cifra che Paulson e il Tesoro USA ha gettato nella scommesa. I ribassisti hanno il doppio delle munizioni del ministero rialzista. E’ un gioco sul filo del rasoio. Gli speculatori rischiano moltissimo se la partita si prolunga, perchè devono pagare interessi sui titoli presi a prestito, ed ogni rialzo dei corsi inferisce loro duri colpi. Ma i guadagni possono essere favolosi.

Le azioni Fannie Mae sono calate del 64%, e quelle di Freddie Mac sono scese del 68% da giugno al 15 luglio; poi c’è stato un rimbalzo, del 90% e del 75% rispettivamente, negli ultimi tre giorni della settimana; nonostante questo i detentori di posizioni «short» hanno realizzato profitti combinati per 1,4 miliardi di dollari. Lo stesso stanno facendo gli speculatori europei.

L’Euro Stoxx 50 è crollato del 24% nel primo semestre 2008; ma intanto l’Euro Stoxx 50 Short Index, quello dei ribassisti, è salito del 29%, la miglior performance dal ‘92. Tardivamente, USA e Gran Bretagna stanno cercando di porre limiti alle vendite allo scoperto, che accelerano le perdite sui corsi azionari (11 trilioni quest’anno, si prevede: quasi il PIL degli Stati Uniti); ma contemporaneamente, una quantità di Paesi, dall’India all’Indonesia, hanno allentato le redini alle vendite short, perchè i più ardimentosi approfittino dell’ultimo saccheggio, a spese del mondo intero. E’ l’altro bello della globalizzazione senza regole globali.

«I venditori allo scoperto sono importanti nell’ecosistema del mercato finanziario: come i leoni che inseguono un branco, ammazzano solo gli animali più deboli. I ribassisti prendono di mira aziende la cui valutazione è legittimamente discutibile»: così sanciscono alla Georgetown’s McDonough of Business di Washington. E’ ancora l’ideologia liberista allo stato puro: darwinismo da preda, la spietata sopravvivenza del più forte.

Qualche dubbio albeggia nel britannico Roger Lawson, direttore della UK Shareholder’s Association (Società degli Azionisti): «Il mercato è diventato un posto per speculatori, non investitori. Questi signori stanno facendo grassi profitti. Bisogna limitare lo ‘short’, altrimenti diventa manipolazione dei mercati». Bella scoperta.

Oltre a Fannie e Freddie, i leoni (o sciacalli) dello «shorting» stanno puntando anche grosse aziende brasiliane: in Brasile le azioni in prestito sono cresciute del 22% da un mese all’altro. E’ chiaro che sentono l’odore del sangue, hanno identificato le prede la cui agonia trascinerà il mondo nell’abisso; milioni di detentori di azioni pagheranno il prezzo, insieme a milioni di contribuenti. E di lavoratori.

Schwarzenegger, governatore della California, ha ridotto le paghe dei 200 mila impiegati dello Stato, per mancanza di fondi: ora quegli Stati ricevono 6,24 dollari l’ora poco più di 4 euro). E i risparmiatori, visto che ce ne sono ancora persino in USA?

Vediamo: le banche americane hanno 6,84 trilioni di dollari in depositi, ossia 6.40 miliardi; ma in realtà, tutte insieme hanno in cassa, per i clienti che vogliono ritirare i quattrini, solo 273,7 miliardi. dove hanno messo i soldi ricevuti?

Ma è ovvio: in titoli confezionati coi subprime, in obbligazioni Fannie e Freddie, in «derivati» e in «prodotti strutturati» nelle infinite varietà inventate dall’ingegneria finanziaria. Non in idustrie e in attività economiche reali; hanno giocato i soldi dei depositanti in queste cose, il cui valore oggi è «legittimamente discutibile», a dir poco.

1) Alexis Xydias, «Investors worlwide are betting more than $ 1 trillion on collapse in American stock prices», Bloomberg, 24 luglio 2008.

Link a questo articolo : http://www.effedieffe.com/content/view/3989/179/
fonte: www.effedieffe.com

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giovedì 17 luglio 2008

Insieme a Trino contro il nucleare


(Nella foto, la diffusione della nube radiottiva di Chernobyl nel 1986)

INSIEME A TRINO SABATO 19 LUGLIO ALLE ORE 16 CONTRO IL NUCLEARE DI IERI, DI OGGI E DI DOMANI

Il nuovo governo Berlusconi vuole riesumare il cadavere sepolto del nucleare italiano, infischiandosene del referendum abrogativo del 1987 e del fatto che nei Paesi più avanzati del mondo si sta pensando di smantellare le centrali nucleari, non certo di costruirne di nuove.
Dobbiamo opporci a questo ennesimo scempio ambientale e ai suoi impliciti sprechi di risorse pubbliche (che andrebbero investite nelle energie rinnovabili) che mette a rischio la salute e la vita di milioni di persone.

DICIAMO NO AL NUCLEARE DI BERLUSCONI, tutti insieme:

Il ritrovo a Trino è previsto per le ore 15 in piazza Dante, davanti alla stazione ferroviaria. Alle ore 16.00 si muoverà un corteo che, partendo da piazza Dante (stazione FF.SS), percorrerà corso Roma, Piazza Martiri della Libertà; corso Galileo Ferraris, viale fratelli Brignone, e la strada statale di Pontestura fino ad attraversare il ponte sul Po (dal quale si vede la centrale nucleare "Enrico Fermi" in primo piano), con successivo ritorno in piazza Dante...

L'iniziativa è organizzata da:
Gruppo “Senza sede” di Trino,
Centro del Sole di Verbania,
Comitato antinucleare di Bosco Marengo,
Forum Ambientalista del Piemonte,
Gruppo ambientalista “Salix alba” di Saluggia,
Legambiente Casale,
Legambiente Vercelli,
Legambiente Piemonte e VdA,
Pro Natura del vercellese,
Pro Natura Piemonte.

Le prime adesioni alla manifestazione sono state di:
Legambiente di Piacenza (Caorso),
Coordinamento dei Comitati della Fraschetta (Alessandria),
Associazione Uniti a Sinistra del Piemonte,
PRC Federazione di Piacenza,
PRC Comitato regionale del Piemonte,
Sinistra Casalese di Casale Monferrato

(per ulteriori adesioni segnalare via e-mail a questo indirizzo: ggodio AT tiscali.it , attenzione all'antispam)

Vi aspettiamo !!!

Gian Piero Godio
per Legambiente e Pro Natura del Vercellese

www.enricomoriconi.it
www.promiseland.it

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mercoledì 16 luglio 2008

Nuvole nere all'orizzonte


Fannie e Freddie
Fannie e Freddie sono due istituti di credito degli Stati Uniti. Vendono mutui immobiliari.
Sono come Ginger e Fred, ma non ballano su un set cinematografico. Danzano sul baratro del fallimento. Le loro azioni sono crollate nel mese di luglio.
In caso di bancarotta Fannie e Freddie lascerebbero un buco di 5000 miliardi di dollari, la metà del debito pubblico americano.
Dovrebbe intervenire lo Stato nazionalizzandole con un automatico aumento del costo del denaro e delle tasse. In Italia è come se fallisse contemporaneamente la maggior parte delle imprese quotate in Borsa.
Fannie deve rimborsare 216 miliardi di dollari entro un anno, Freddie un po’ di più, circa 291 miliardi. I soldi non ci sono. Per due motivi. Le rate dei mutui non vengono più pagate e nessuno sottoscrive nuovi mutui. In sostanza il mercato immobiliare non c’è più.
La gente non ha più soldi e il costo del denaro è salito. Inoltre, il valore delle case è crollato e le banche sono piene di case ipotecate. Nella pancia dei bilanci delle banche ci sono ancora immobili valutati al valore precedente alla crisi dei “subprime”. Le banche non vogliono svalutare, alcune non se lo possono permettere, il loro valore azionario crollerebbe.
Fannie e Freddie rappresentano uno tsunami finanziario che in un modo o nell’altro arriverà da noi. I prezzi degli immobili in Italia sono drogati da un cartello di società immobiliari. Il centro delle città non ha più scopi abitativi, ma di lucro. Il prezzo degli appartamenti non ha alcun legame con la realtà.
Le società immobiliari stanno da tempo, in uno strano silenzio dei media, perdendo il loro valore in Borsa. Da gennaio 2008 le prime nove società del settore hanno perso 2,4 miliardi di euro, circa la metà della loro capitalizzazione. Pirelli Real Estate, un po’ di più della media: il 57,82%. Il crollo del mercato immobiliare in parte c’è già stato.
Chi aveva un euro di azione a Natale, si ritrova con 50 centesimi prima delle vacanze.Il valore delle case è mantenuto alto in modo artificiale. Le grandi città sono invase da cartelli di vendita e di affitto e intanto si costruiscono sempre nuovi alloggi in periferia.La cosa strabiliante è che la crisi vera non è ancora arrivata. Negli Stati Uniti le banche a rischio fallimento sono circa 90. Una, Indy Mac, ha chiuso venerdì.
Il terzo fallimento negli Stati Uniti per importanza del dopoguerra.
Le file della gente che ritirava i risparmi sono la fotografia della situazione.

Qualche consiglio: non comprate immobili, non fate debiti, non accendete nuovi mutui, se potete estinguete i mutui che avete, non comprate titoli di società immobiliari, non comprate fondi con titoli di società immobiliari. Fannie e Freddie stanno arrivando.

fonte: http://www.beppegrillo.it/

Qui sotto potete vedere i risparmiatori clienti della Indy Mac Bank in fila per tentare di ritirare i propri risparmi! Non vi ricorda l'Argentina??




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lunedì 14 luglio 2008

Messaggi subliminali

Ormai non bisogna più stupirsi di nulla, lo so, ho scoperto l'acqua calda.
I messaggi subliminali sono ormai da tempo nascosti ovunque. Eravamo già abituati a trovare pubblicità occulte in vari films e spot pubblicitari ma quando vedi che pure la Walt Disney, amata da milioni di bambini per i suoi fantastici cartoni animati, nasconde nei frames dei filmati scritte come "sex" oppure immagini di "donne nude con il volto del diavolo" come nel cartone di BIANCA E BERNIE ti cascano veramente le p...e! PLIN! PLIN! ( arghh, anche questa è pubblicità occulta!).
E' veramente un'indecenza vedere che questi "signori del messaggio subliminale" infilano nei cartoni animati, e non solo, immagini che comunque non sono adatte ad un pubblico di non adulti come simboli fallici o donne nude con il volto di satana, oppure varie scritte da sex, hell etc...
La Walt Disney, solo per non affrontare un processo per satanismo, ha pagato qualcosa come 70 milioni di dollari!
Voi cosa ne pensate??
Vi posto qui sotto due contributi per approfondire l'argomento.





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venerdì 11 luglio 2008

Iran: la guerra si avvicina


Sembra proprio inevitabile, Bush deve per forza invadere l'Iran.
E si, perchè è proprio cattivo e così temibile che alla fine se non viene fatta un'altra guerra preventiva chissà cosa potrebbe combinare.
E' chiaro che anche stavolta le motivazioni sono ben altre. Come è già successo per l'Iraq assisteremo anche in questo caso a delle non-scoperte come le presunte armi di distruzione di massa di Saddam? Per poi vedere in mondovisione Bush e l'allora amichetto Blair dover ammettere che le armi di Saddam non esistevano. Che furbizia! Che figure!
E il bello è che questi signori credono davvero che tutta l'opinione pubblica si beve tutte queste storie!
Mi viene ancora in mente quando qualche anno fa in televisione hanno mandato la notizia che è stato visto il Mullah Omar ( braccio destro di Bin Laden ) scappare in moto(arghh!) al confine con il Pakistan: mi sono detto, pensando agli americani, alla faccia di tutte le tecnologie!
Oggi solo con i satelliti riescono a vedere quando fai la pipì e si lasciano scappare uno in moto?
Vi lascio adesso alla lettura di un articolo interessante del sempre lucido Maurizio Blondet.
Fatemi sapere cosa ne pensate!

La "moralità" dell'Occidente di Maurizio Blondet
Teheran ha lanciato nove missili, fra cui uno Shahab con raggio presunto di 2 mila chilometri - e tutto l’Occidente grida di sdegno: «L’Iran ci minaccia!». La Rice in Bulgaria s’è stracciata le vesti: «Chi vuole parlare agli iraniani, chieda loro la portata dei missili che hanno sparato. Germania, Francia e Italia si sono uniti nella condanna». Il nostro ministro Frattini, parlando da Israele (è sempre lì, avete notato?) ha ripetuto la lezione: «Sono missili molto pericolosi, ecco perchè non solo Israele ma l’intero Occidente ha interesse a bloccare questa escalation in modo definitivo» (1). Con le bombe, insomma.

Come cittadini, dovremmo vergognarci, anzitutto, della nostra cortissima memoria. Non è passato nemmeno un mese da che Sion ha condotto una spettacolare esercitazione aerea sullo spazio greco-mediterraneo - con oltre cento caccia-bombardieri ripetutamente riforniti in volo per mille chilometri - lasciando capire che si sta preparando ad un attacco preventivo contro l’Iran.

Sono solo due settimane che Symour Hersh, il grande giornalista, ha rivelato come le forze armate USA, su ordine presidenziale, stiano conducendo già da un anno operazioni speciali nel territorio iraniano, sia con loro commandos che penetrano dal sud iracheno, sia armando gruppi etnici e sovversivi in Iran; operazioni che comprendono «assassinii mirati» contro personalità militari persiane, e la cattura di membri delle forze di elite della guardia rivoluzionaria iraniana, che vengono poi portati in Iraq per «interrogatorii» (2).

Questi israeliani e americani sono già atti di guerra, preventivi, illegali e non provocati, contro la Persia. Dovremmo ricordarcelo. E questi sì, dovrebbero sdegnarci e allarmarci. Invece ci sdegnamo e ci allarmiamo: l’Iran ci attacca. E’ l’Iran che provoca. Che cosa dovrebbe fare un Paese debole, senza alleati, quotidianamente minacciato dalla super-potenza e dal suo Agnello super-armato?

Ma i gestori della propaganda fidano della nostra ignoranza non meno che dei nostri pregiudizi e della nostra memoria corta. Sanno che possono farci paura raccontandoci che il Shahab-3 iraniano ha 2 mila chilometri di gittata, quanto basta per colpire Israele.

Non ci dicono il resto: che questo Shahab è la copia di un vecchio missile nordcoreano, il Nodong, la cui precisione è derisa da tutti coloro che se ne intendono. E ovviamente, sugli Shahab non c’è una testata nucleare: l’Iran non ne ha, e soprattutto non è in grado, e non lo sarà per molti decenni, di miniaturizzare un’arma atomica per adattarla a un missile. Dunque gli Shahab-3 hanno, al massimo, testate di esplosivi convenzionali. In caso di guerra, la loro efficacia sarà quella degli Scud errabondi di Saddam, nella prima guerra del Golfo. Militarmente zero.

I propagandisti non ci dicono nemmeno la frase pronunciata, dopo il lancio dimostrativo dei missili, da un’alta personalità militare, il generale di brigata Mohammad-Najjar: «La nostra capacità missilistica ha scopi soltanto difensivi, per la salvaguardia della pace in Iran e nel Golfo Persico... I nostri missili non saranno usati per minaccciare nessun Paese, sono solo per coloro che osassero attaccare l’Iran».

Questo si chiama, in buona strategia, «deterrenza». Dal latino «deterreo», dissuado facendo un po’ di paura. Deterrenza è l’atteggiamento non di chi attacca, ma di chi - sotto minaccia - cerca di dissuadere l’attacco altrui. Ma nella nostra moralità occidentale, l’Iran non ha diritto alla deterrenza; Israele ha diritto all’aggressione preventiva. A noi ignoranti senza memoria nemmeno di breve termine, non è chiara l’estrema disparità di forze tra USA-Israele e l’Iran.

Ci fanno credere che l’Iran possa davvero esercitare una qualche rappresaglia contro il volume di fuoco delle portaerei americane già nel Golfo (la USS Lincoln ci è stata spostata in questi giorni), di una potenza che dedica alle spese di armamenti due-trecento volte di più di Teheran.

Un ottimo giornalista conoscitore dell’area, Pepe Escobar, ci fornisce qualche informazione sulla forza militare di Teheran (3). Il generale Muhammad Ali Jafari, che è da settembre 2007 comandante supremo delle Guardie della Rivoluzione Iraniana (l’esercito), ha intrapreso - come ha spiegato lui stesso una settimana fa al giornale iraniano Jam e-Jam - una radicale riorganizzazione delle forze armate del Paese, con la sostituzione di molti comandanti regionali.

Essa consiste in una fusione fra forze regolari e milizie «rivoluzionarie», specialmente di Pasdaran (il gruppo di elite) e la milizia Bassij, e il radicale decentramento di queste unità. «In pratica, l’Iran ha ora 30 eserciti», scrive Escobar, «uno in ogni provincia, ciascuno con comando unificato per Pasdaran e Bassij, e i due corpi conducono esercitazioni insieme». Esfandiari Safari, che scrive per il giornale Rooz, ha spiegato che la riorganizzazione «è la risposta dell’alto comando delle Guardie della Rivoluzione all’attacco imminente che si attende».

Vi dice niente la natura di questa riorganizzazione? Il senso di un tale decentramento? Esso non ha nulla di offensivo; è l’assetto difensivo di chi si prepara ad una resistenza sulla propria terra, in vista di un’invasione; i comandi sono moltiplicati e resi autonomi in modo che non ci sia un quartier generale da schiacciare, e le unità possano operare senza ordini, vivendo del territorio, fra gli abitanti connazionali; è il tipico assetto della guerriglia partigiana.

Non c’è dubbio che possano combattere ad oltranza. Tanto più che la Guardia della Rivoluzione è stata dichiarata «organizzazione terroristica» dalla Casa Bianca, e dunque i suoi combattenti sanno che, se cadranno in mano al nemico, subiranno il destino degli «enemy combatants», come ad Abu Ghraib e a Guantanamo. «Interrogatori» con tortura, detenzione a vita, soppressioni mirate.

Ma naturalmente non ci sarà alcuna invasione, contro cui quest’armata partigiana possa provare il suo valore. L’attacco verrà dal cielo, dal cielo saranno liquidati; l’assetto guerrigliero ha qui qualcosa di commovente e patetico. E noi ci facciamo spaventare da quel che dice Frattini.

Che vergogna, la nostra. Nemmeno capiamo che questa guerra è contro di noi, sudditi occidentali (4).

1) «Iran tests missiles, increasing tension with the West», Zaman, 10 luglio 2008.
2) Seymour Hersh, «Preparing the battlefield», New Yorker, 7 luglio 2008.
3) Pepe Escobar, «Iran’s missiles are just for show», Asia Times, 11 luglio 2008.
4) Anche la sanguinosa sparatoria avvenuta in Turchia contro l’ambasciata USA - non un attentato, men che meno suicida, ma un atto di guerriglia - viene più o meno allusivamente presentata come collegata ai missili di Teheran; un portavoce USA (l’ho sentito per radio) ha dichiarato che «non può nè smentire nè confermare» che gli attentatori fossero «di Al Qaeda». Ovviamente gli attentatori sono invece curdi; i quali hanno le loro buone ragioni per sentirsi traditi dagli americani. Questi hanno promesso loro uno Stato curdo ritagliato dall’Iraq, secondo il piano di smembramento del Paese per linee etnico-religiose; ma hanno dovuto acconsentire alla Turchia di violare questo staterello curdo, da cui partivano gli attentati anti-turchi. «Al Qaeda» non c’entra nulla, e men che meno l’Iran. L’Iran sta combattendo i curdi insieme alla Turchia, dalla parte opposta del confine.

Link a questo articolo : http://www.effedieffe.com/content/view/3864/167/

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mercoledì 9 luglio 2008

Ghiaccio istantaneo!

Vi posto questo video divertente che mostra come creare del ghiaccio istantaneo!
Potere della chimica!


How To Make Hot Ice!!! Crazy - The funniest videos clips are here

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Nuove Cyber-droghe


Attenzione alle nuove droghe
Cyber-droghe: dalla siringa alle cuffie
Marcello Pamio – 8 luglio 2008

Nel 1981 esce nelle sale cinematografiche il film “Brainstorm: generazione elettronica”, interpretato da Christopher Walken e Natalie Wood.
La storia racconta della scoperta sensazionale fatta da una importante industria: una macchina in grado di registrare immagini, sensazioni ed emozioni e trasmetterle da una mente all'altra. I servizi segreti statunitensi ne intuiscono subito le potenzialità applicative in ambito bellico e di controllo mentale.
L’attrice Natalie Wood muore prematuramente prima che fossero terminate le riprese…
La sua morte è tuttora avvolta in un alone di mistero: caduta durante la notte dal suo yacht Splendor, sul quale era in compagnia del marito e dell'attore Christopher Walken, il suo corpo è stato trovato al largo dell'isola di Santa Catalina.

Nel 1995 esce “Strange Days” il film prodotto e scritto da James Cameron.
La storia in questo caso si svolge durante gli ultimi giorni del 1999 in una Los Angeles trepidante nell’attesa del Nuovo Millennio. Le droghe, in questa visione futurista molto “noire”, si chiamano “wire-trip clips”: in pratica delle “registrazioni di esperienze” digitali. Attraverso un congegno chiamato Squid, vengono registrate dalla corteccia cerebrale delle persone che vivono una esperienza particolare (violenza, stupro, rapina, ecc.) tutte le sensazioni, emozioni, suoni e trasferite poi dentro un minidisk.
Con un lettore apposito chiunque può rivivere quelle esperienze, come se fossero reali.

In luglio 2008 il Gat, il “Nucleo speciale frodi telematiche” della Guardia di Finanza scopre su internet un traffico di “cyber-droghe”, in pratica “brani musicali”, “sequenze sonore” che riescono avere sulla psiche delle persone che le ascoltano, effetti simili alle droghe tradizionali.
Purtroppo non si tratta di un film di fantascienza ma è l’ennesimo caso in cui la realtà supera la più fervida immaginazione.
Questi brani o sequenze, utilizzano frequenze infrasonore (dai 3 ai 30 Hz) che agiscono direttamente nel sistema nervoso centrale provocando reazioni che vanno dall’eccitazione al rilassamento.
I nomi di questi “file” venduti in rete, sono gli stessi delle medesime droghe: “Marijuana”, “Cocaina”, “Acid-QH”, “Hand of God”, “Trip”, “Peyote”, “Out of body”, “Ecstasy”, ecc.

Attualmente le “i-dose” (i-pod, i-phone, ecc.), cioè le “dosi virtuali”, vengono cedute a prezzo simbolico, ma a differenza delle droghe classiche, queste possono essere consumate (ascoltate in cuffia) e poi passate agli amici.
La prima “dose” è gratuita, come fanno i veri pusher, e poi il cliente si affeziona (diventa dipendente) e alla fine le paga.
Il colonnello della Guardia di Finanza Umberto Rapetto, durante una intervista alla giornalista Emanuela Falcetti su Radio Rai, specifica che “questi suoni non sono udibili, le mischiano (droghe). Le mischiano o alla musica o, immagino, anche a dei messaggi di voce, eccetera, che possono arrivare agli adulti.”
“Il nostro cervello reagisce e può avere degli impulsi che possono portare ad un’euforia incredibile oppure a rilassarci in maniera strepitosa. (…) È un cosa che è stata rilevata in termini scientifici e noi ce ne siamo preoccupati sotto quest’ottica, di sicurezza sociale”
Ecco la conferma che anche la scienza ufficiale è a conoscenza della possibilità che alcune “vibrazioni”, “frequenze” sonore possono interagire direttamente nel cervello!

Alla domanda della Falcetti in merito alle istruzioni per l’uso, il colonnello risponde che purtroppo non si tratta di una bufala “perché è tecnicamente possibile”.
La tecnica esiste eccome: le ingerenze esterne mediante frequenze sonore, onde elettromagnetiche, sono un dato di fatto: i messaggi subliminali (a sfondo sessuale e/o satanico) inseriti nella musica, i vari progetti di controllo mentale come l’Mk-Ultra, ne sono la prova, e purtroppo la punta dell’iceberg.

Quello che dovrebbe far pensare è che la tecnica usata nelle cyber-droghe, è molto versatile: una frequenza sub-sonica, non si percepisce, e quindi può essere inserita nei messaggi vocali, nelle suonerie dei cellulari (distribuite gratuitamente o acquistabili per pochissimi euro!), nei brani musicali, mischiata all’audio televisivo, ecc.
Lo sa molto bene anche la “radionica”: la tecnica di riequilibrio energetico che nasce agli inizi del secolo scorso.
Il grande pioniere britannico George de la Warr , la definiva come: “la scienza che studia l’azione della mente sulla materia e l’unione di tutte le cose”.[1]
In questo caso però non si tratta dell’azione del pensiero sulla materia, ma delle vibrazioni sonore (frequenze, suoni) sulla materia fisica organica.
La Fisica speciale afferma da oltre un secolo che tutto è energia; la Fisica quantistica va oltre spiegando che tutto è collegato e che lo spazio vuoto non esiste.

Diversi ricercatori del secolo scorso, soprattutto russi, sono riusciti a stabilire le frequenze specifiche di ogni organo umano (visto che la materia è energia). Questo significa che il fegato, il cuore e tutti gli apparati hanno una loro frequenza specifica. Conoscendo queste frequenze è possibile inviare delle vibrazioni specifiche che possono interagire direttamente con l’organo corrispondente.
Sapete questo cosa implica? Una frequenza corretta può sostenere la funzionalità (salute), mentre un’altra vibrazione potrebbe comprometterla (malattia).

Nel caso specifico delle cyber-droghe, si è riusciti per caso a decodificare la frequenza di lavoro di alcune funzioni del sistema nervoso centrale? Ecco un esempio per capire: il principio farmacologico della cocaina blocca il recupero della dopamina (neurotrasmettitore o neuro-ormone rilasciato dall’ipotalamo), provocando un aumento della dopamina stessa, con i risultati psicofisici che tutti purtroppo conosciamo.
Se un messaggio infrasonoro (frequenza specifica), riesce per esempio a bloccare nella stessa maniera il recupero della dopamina nel sistema nervoso centrale, si otterrà lo stesso effetto fisiologico della cocaina? Rispondere a questa domanda non è facile, ma stando agli ultimi sviluppi sembrerebbe proprio di sì.

A questo punto, cosa possiamo fare?
Certamente i genitori, cioè gli educatori, hanno una responsabilità enorme nei confronti dei propri figli, soprattutto quelli piccoli. Controllare cosa ascoltano i nostri piccoli “adulti in divenire” è un dovere morale e non iperprotezionismo, tanto più se il bambino abitualmente si chiude in camera e ascolta la musica a luci spente e a volume altissimo, per poi uscire frastornato o rimbambito.
I comportamenti e gli atteggiamenti stessi dei bambini dovrebbero essere molto indicativi per i genitori attenti e consapevoli.

Detto questo, la cosa più importante, tenendo conto che in questo caso gli attacchi esterni hanno superato la materialità (le droghe non sono più chimiche: pesabili, misurabili e visibili, ma vibrazionali, non visibili e non tangibili), rimane il rafforzamento del mondo dei pensieri e dei sentimenti.
L’unica nostra arma di protezione.

Una volta rinforzato il corpo fisico mediante una alimentazione sana e vitale, come quella a base di frutta di stagione e verdure a foglie verdi (con ovviamente l’eliminazione totale dei cibi industriali pregni di chimica mortale), si passa al mondo dei pensieri e dei sentimenti.
Il mondo dei sentimenti si sviluppa e si aiuta con l’arte (per esempio: disegno, scultura, pittura, musica, recitazione, espressione corporea come l’Euritmia) e con il ritmo. Oggi la vita frenetica della società non ha alcun ritmo, è puro caos.
Ecco perché “l’arte è la più idonea educatrice dei sentimenti umani”.[2]

Il mondo dei pensieri è per così dire legato al “corpo eterico” o “corpo vitale”. La funzione di questo corpo è duplice, da una parte sostiene la vitalità (energetica) del corpo fisico e dall’altra è “sostanza” dell’attività pensante.[3]
Un “corpo eterico” debole quindi comporta difficoltà nel pensare correttamente.
Se un bambino nel primo settennio, “pensa per immagini” fa una cosa sana, se invece si sforza di “pensare” e “ragionare” come facciamo noi adulti (col vanto e l’orgoglio dei genitori), toglie forze al corpo eterico (bambini perennemente pallidi, privi di vitalità ed energia), e quest’ultimo a sua volta non da forza al mondo dei pensieri in un circolo vizioso perverso.
Nei primi anni di vita un bambino deve muoversi con il corpo, giocare con il corpo e non fossilizzarsi con televisione, videogames e computer (situazioni che deprimono il corpo eterico). Cosa che non viene fatta nelle scuole moderne, dove si predilige invece lo studio mnemonico, i compiti, la logica e il rendimento.

Mi sono occupato solamente dei bambini, escludendo appositamente adolescenti e adulti, perché sono gli esseri più indifesi che dobbiamo proteggere da questi attacchi esterni indiscriminati e vergognosi.
Se un ventenne consapevolmente si sballa (per curiosità, dipendenza o per stupidità), con le cyber-droghe, non possiamo farci nulla perché è una sua libera scelta, ma se a un bambino di 6 anni gli viene regalato il nuovo I-pod, piuttosto che l’ultimissimo lettore Mp3, contenenti migliaia di canzoni e musichette, visto che non l’ha cercata la droga virtuale diventa un problema di coscienza per tutti, in primis i genitori.

Scaricare l'audio dell'intervista al colonnello delle Fiamme Gialle Umberto Rapetto http://www.radio.rai.it/podcast/A0029430.mp3

[1] Società italiana di Radionica, http://www.radionica.it/
[2] “Ereditarietà ed individualità”, pag. 58, Giovanni Peccarisio, Il Nuovo mondo edizioni
[3] Idem, pag. 127

fonte: www.disinformazione.it

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Manifestazione dell'8 luglio 2008 - NO CAV DAY

Vi posto oggi alcuni interventi sublimi di Sabina Guzzanti, Antonio Di Pietro, Marco Travaglio e Beppe Grillo alla manifestazione di ieri a Piazza Navona, Roma.
Buon divertimento!

Sabina Guzzanti - Parte 1


Sabina Guzzanti - Parte 2


Antonio Di Pietro


Marco Travaglio


Beppe Grillo - Parte 1


Beppe Grillo - Parte 2


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martedì 8 luglio 2008

Dove arriveremo?


Le notizie che leggo ogni giorno sono sempre più inquietanti. Da un po’ di tempo a questa parte sembra emergere da più parti la convinzione che ormai la grande America sia prossima al collasso da tutti i punti di vista, finanziario/economico in primis.

Più fonti sostengono che quello che abbiamo visto finora sul caso “mutui subprime” sia solo una parte di quello che deve ancora accadere (leggi crollo di altre grosse istituzioni finanziarie).

Il dollaro vale e, a quanto pare, varrà ancora di meno; si parla di un cambio a 1,75 contro euro alla fine del 2008.

Torna a questo proposito il fantasma dell’amero e della fusione fra Stati Uniti, Canada e Messico come soluzioni inevitabili.

Ma tutto questo è fantapolitica o siamo all’inizio di una nuova catastrofe?

Vi lascio alla lettura di questo articolo del sempre brillante Maurizio Blondet e in fondo un link interessante al film documentario del grande Peter Joseph per chi vuole approfondire un po’ di più il discorso sull’amero come nuova moneta al posto del dollaro e la fusione fra Stati Uniti, Canada e Messico.

Buona lettura!

SEDUTA SEGRETA AL PARLAMENTO USA di Maurizio Blondet

E’ accaduto il 13 marzo scorso. La camera dei rappresentanti degli Stati Uniti (la Camera Bassa) ha tenuto una seduta segreta e notturna, su richiesta del partito repubblicano. L’argomento in discussione, apparentemente, una proposta di legge dei democratici che, sostanzialmente, toglieva l’immunità retroattiva - voluta da Bush - alle compagnie telefoniche che hanno condotto intercettazioni delle telefonate dei loro clienti senza mandato giudiziario, com’è accaduto dopo l’11 settembre.

Il presidente Bush vuole porre il veto presidenziale su questa proposta, sostenendo che «minaccia la sicurezza della nazione». Ma i repubblicani, prima, hanno voluto la seduta segreta per convincere i repubblicani in un «onesto dibattito». A porte chiuse, senza pubblico, e di notte. Ai deputati è stato formalmente vietato di rivelare ciò di cui si è discusso, in base al regolamento interno (House Rules XVII).

Tralasciamo il fatto che nella democrazia-modello dell’Occcidente il parlamento, eletto dai cittadini, tenga sedute il cui oggetto viene sottratto alla conoscenza dei cittadini stessi. Pare che, nella storia degli USA, ciò sia avvenuto quattro volte.

Il lato agghiacciante è che - a parte un comunicato di poche righe dell’Associated Press (1), l’intera stampa americana ha scelto di ignorare il fatto; e che a dare rilievo alla notizia è stato solo lo... Australia’s National Website, un notiziario di Brisbane (2). Il notiziario ufficioso australiano è il solo a porsi le domande che il fatto doveva suscitare.

Secondo gli australiani, diversi rappresentanti sono usciti dalla sessione segreta «così furiosi e preoccupati dal futuro del Paese, che hanno lasciato filtrare qualche informazione». Perchè, a quanto pare, i repubblicani, per convincere i democratici a ritirare la proposta che limita le intercettazioni, hanno rivelato ben più che sul tema all’ordine del giorno.

I rappresentanti avrebbero ascoltato dettagli su «l’imminente collasso dell’economia USA previsto per settembre 2008, l’imminente collasso delle finanze statali per febbraio 2009, la possibilità di guerra civile in USA come conseguenza del crollo» economico. Si sarebbe parlato anche di «retate anticipate di cittadini USA insorgenti» e della loro detenzione in campi di concentramento (denominati REX 84) già costruiti sul territorio.

Ai membri del Congresso sarebbero stati promessi «luoghi sicuri» di residenza per sè e le famiglie durante i disordini. Sarebbe stata avanzata la «necessità ineludibile della fusione degli USA col Canada e il Messico» - l’uno perchè possiede le necessarie materie prime, l’altro per la manodopera a basso costo - in una nuova unione, con una nuova moneta, l’Amero, a sostituire il dollaro ormai liquefatto.

Attenzione: mentre la riunione segreta ha certamente avuto luogo ed è confermata, non è certo che i temi della seduta fossero proprio quelli della catastrofe incombente. Quelli riportati dal sito australiano, senza indicazione di fonti, sembrano echeggiare ansie e timori che corrono sul web, sui siti complottisti. Li diamo per quel che valgono.

Ma è anche vero che la misura colossale del disastro finanziario è ben lungi dall’essere valutata appieno. Le perdite per banche ed altre «istituzioni finanziarie» dovute allo scoppio delle bolle globali può avvicinarsi ai 1.600 miliardi di dollari, ossia quattro volte più di quelle ufficialmente stimate (400 miliardi di dollari) e pari ad un decimo del PIL americano.

Lo afferma il giornale elvetico Sonntags Zeitung, che riporta una valutazione di Bridgewater Associates (uno dei maggiori fondi speculativi) fondata sulla condizione degli «attivi basati sul debito» che corrono in USA, dai mutui alle carte di credito alle richieste di credito (3).

Questi crediti a rischio sono valutati a 26.600 miliardi di dollari (oltre il doppio del PIL americano) e la perdita di 1.600 miliardi risulta - molto semplicemente - dalla loro valutazione alle quotazioni di mercato anzichè alle quotazioni di comodo con cui li accetta la Federal Reserve. Ovviamente, Bridgewater dubita che le «istituzioni finanziarie» possano raccogliere abbastanza capitale, con questi chiari di luna, da coprire simili perdite.

Basta dire che rispetto all’anno scorso, le aziende americane che hanno cominciato la procedura di fallimento sono aumentate del 33%: è difficile che onorino i loro debiti con le «istituzioni finanziarie», le quali hanno venduto quei loro crediti a coriandoli a una quantità di enti, fra cui i fondi pensione.
Si aggiunga che gli Emirati Arabi Uniti stanno seriamente pensando di agganciare le loro monete non più al dollaro, ma a un pacchetto di divise, fra cui euro e yen. A questo punto, il dollaro non avrebbe più valore (a darglielo è il fatto di essere l’unica valuta che compra petrolio), e il fantomatico Amero sarebbe la sola soluzione di sopravvivenza per gli USA.

E nemmeno la metamorfosi della «democrazia americana» in una aperta dittatura in guerra contro i suoi cittadini è una semplice fantasia da blog complottisti. Tale metamorfosi è in atto dall’11 settembre 2001. Già il candidato Ron Paul, come parlamentare, ha denunciato a suo tempo che il Patriot Act - il decreto d’emergenza varato da Bush dopo il mega-attentato, con la scusa della «sicurezza» e della «terrorismo» - fu votato senza che alcun membro del Congresso avesse potuto farne previa lettura, la notte del 27 ottobre 2001, in un Congresso semi-svuotato e spaventato dalle lettere all’antrace (giunte a senatori democratici); e ai deputati e senatori fu detto che nessun dibattito sarebbe stato tollerato dalla casa Bianca, data la situazione di «emergenza». Persino William Safire del New York Times scrisse che, con il Patriot Act, il presidente Bush
«si dotava di poteri dittatoriali».

La legge che ha reso permanenti le norme d’emergenza del Patriot Act, «Domestic Security Enhancement Act» del 7 febbraio 2003, ha portato gli aspetti dittatoriali ad estremi paradossali. Anzitutto, lo stesso testo della legge è di fatto segreto; poche copie stampigliate «Confidential - not for distribution» sono state recapitate a pochi congressisti fidati. Circola ovviamente una versione - ma non ufficiale - ricostruita dal Center For Public Integrity (un gruppo di volontari), che avrebbe ricevuto gran parte del testo da una fonte federale anonima. La lettura di questo testo è agghiacciante (4).

• Section 501, Expatriation of Terrorist: Ogni cittadino americano può essere trattato come «enemy combatant», ossia arrestato e detenuto senza processo, come a Guantanamo, se incorre in una qualunque delle violazioni previste dalla Section 802 del primo Patriot Act. E cosa dice questa

• Section 802? Definisce «terrorismo» qualunque atto «che metta in pericolo la vita umana in violazione di una legge federale o di Stato»: in pratica, in così vasta dizione è compreso persino l’eccesso di velocità, che diventa «terrorismo».

• La Section 101 specifica che ogni individuo, in quanto «terrorista» secondo i criteri di cui sopra, è designato come «straniero» e dunque spogliato dei diritti in quanto «enemy combatant».
Non basta: è penalmente punibile «rilasciare qualunque informazione sulle incarcerazioni e la locazione dei detenuti», sia che la notizia venga da «un membro del governo o da cittadino comune». I funzionari di Stato non solo possono, ma sono obbligati a non rivelare nemmeno il nome degli arrestati (Section 201).

• Gli agenti preposti all’ordine pubblico sono immuni da denunce di violazione dei diritti civili che possono aver commesso (Section 312).

• Ogni raccolta di informazioni da chiunque effettuata può, a giudizio dei gestori dell’emergenza, essere considerata «attività clandestina di intelligence» per «una potenza straniera». Anche il giornalismo è reato (Section 102).

• Il governo federale può adottare i poteri di legge marziale sia all’interno che all’estero, senza bisogno che il Congresso dichiari l’esistenza dello stato di guerra (Section 103).

• Gli agenti di Stato sono immuni da persecuzione legale quando eseguono perquisizioni senza previo mandato giudiziario (Section 106).

• Si instaurano tribunali segreti a cui viene dato il potere di incriminare per «disprezzo della corte» (noi diremmo ostruzione alla giustizia) contro individui o enti che rifiutano di riconoscersi colpevoli o di incriminare altri (Section 109).

• Il governo può a suo giudizio trascurare le risultanze medico-legali (Section 127).

• La Section 321 autorizza «governi esteri» (indovinate quali) a raccogliere informazioni d’intelligence su cittadini americani e a condividere queste informazioni con altri governi astranieri.

• La Section 322 agevola i processi di estradizione, consentendo di fatto alla Homeland Security di estradare senza formalità, e in segreto, chiunque verso qualunque Paese. Eccetera eccetera.

Basta questo per intuire che, al confronto, il KGB o la Gestapo sono stati legalmente più ristretti nelle loro attività. Un simile decreto non ha giustificazione se non, appunto, nella previsione di un «dopo» per il potere attuale. Chi ha organizzato la guerra mondiale al terrorismo può benissimo averne voluto e previsto le ultime conseguenze, fino alla fine del sistema americano, fino al collasso economico e al disordine civile armato. Con la scusa della emergenza e della «sicurezza», in caso di crisi assoluta, la democrazia-modello si prepara a diventare uno Stato di oppressione, concentramento e razionamento.


Lo Stato dell’Apocalisse: «Quanti non avessero volute adorare l’immagine della bestia, ordinava che fossero uccisi. S’adoperava inoltre che a tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e schiavi, fosse impresso sulla mano destra o sulla fronte un marchio, in modo che nessuno potesse comprare o vendere all’infuori di coloro che portavano il marchio, ossia il nome della bestia».

1) «House goes behind closed doors to debate surveillance bill», Associated Press, 14 marzo 2008.
2) «What was discussed at a closed session of the US House of Representatives?», Australia.To,
23 marzo 2008.
3) «Financial market losses could top 1,600 billion dollars: report», Earth Times, 6 luglio 2008.
4) Comunicazione di Webster G. Tarpley all’autore, 15 dicembre 2004.

Link a questo articolo : http://www.effedieffe.com/content/view/3835/164/

link al documentario: http://zippiweb.blogspot.com/search/label/zeitgeist

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Nuovi segnali di insofferenza


TEDESCHI DISSOCIATI DALL'EURO di Maurizio Blondet

Un biglietto da 100 euro equivale a un biglietto da 100 euro. Giusto? No, secondo i cittadini tedeschi. Il giornale popolare Handelsblatt rivela un curioso comportamento: quando vanno in banca a ritirare contanti, i tedeschi controllano le banconote per vederne l’origine; quelle stampate nell’area mediterranea se la fanno scambiare con banconote «Made in Germany» (1).

I bigliettoni stampati in Germania sono riconoscibili in quanto esibiscono una X davanti ai numeri di serie; il che li distingue da quelli fabbricati dalla Moneda iberica (che hanno una V) e dal nostro Poligrafico, dove il numeri di serie sono preceduti da «S».

Ogni Paese stampa un numero di banconote in stretto rapporto con il suo peso economico, secondo regole severe della Banca Centrale Europea. E in ogni caso si tratta di «moneta ex nihilo», non coperta da alcun tallone. Di conseguenza, la preferenza dei tedeschi per i loro euro nazionali sembra del tutto idiota.

Se la preferenza è giustificata per chi compra BOT - e infatti i BOT italiani pagano un interesse maggiore dei BOT tedeschi, per convincere i risparmiatori a comprarli da un debitore poco credibile, e questa forbice ( «spread») tende ad allargarsi - non ha alcun senso quando si prendono contanti.

Le banconote in euro sono perfettamente intercambiabili in tutta la zona euro, anzi nel mondo. Solo in un caso i cento euro stampati a Madrid o ad Atene, a Roma o a Lisbona, potrebbero valere meno dei cento euro fabbricati in Germania: se l’unità monetaria si spaccasse. Oppure in caso di caotica crisi, estrema.

Avvenne in USA nel decennio attorno al 1840, sotto la presidenza di Andrew Jackson, quando banconote in dollari stampate in differenti Stati erano scambiate a valori diversi (ma allora circolavano dollari «privati», emessi da oltre un migliaio di banche locali). Può succedere?

In fondo, oscuramente, i tedeschi lo pensano. Molti di loro hanno una casa di vacanza in Spagna, e ne hanno visto crollare il valore di mercato. Vedono come fumo negli occhi i tentativi di Parigi - cui si aggiungono Spagna e Italia - di dettare alla Banca Centrale Europea un ribasso dei tassi, il che indebolirebbe il cambio dell’euro, e sarebbe una «intrusione della politica» nel regno immacolato della moneta, che gli impolitici tedeschi credono meglio abbandonare ai tecnici, secondo loro immacolati. Soprattutto, i consumatori germanici vedono l’inflazione che galoppa.

Le autorità tedesche hanno ammesso quello che gli altri governi europei tacciono, o su cui alzano fumo: che l’inflazione in Germania è all’8,1%, un livello mai visto da un quarto di secolo. E in Germania si ricorda l’iper-inflazione degli anni ‘20 come il grande incubo nazionale. Si ricordano ancor meglio dell’inflazione del 1948, che fu provocata da una riforma monetaria: gli attivi finanziari dei risparmiatori furono tosati anche del 90%. Il problema si ripresenta.

Se l’inflazione è all’8% reale in Europa, i risparmiatori che mettono il loro gruzzolo in banca (al tasso massimo del 3,20% pronti-contro-termine) o in BOT al 4,6% (lordo), si accorgono di venire - ancora una volta - semplicemente derubati dei loro risparmi dalle banche usurarie. Le quali in Europa si procurano il denaro di cui hanno estremo bisogno dati i loro problemi di liquidità, a costo zero. Anzi negativo.

Il liberismo terminale non retribuisce il capitale, lo tosa e lo distrugge. In tutto il mondo la ruberia dei risparmi è in corso, con tassi bancari che regolarmente non coprono l’inflazione. La finanza anglo-americana accusa (come al solito) gli altri, anzitutto i Paesi emergenti (2). Per esempio la Russia, dove l’inflazione supera il 15% ma l’interesse che si dà ai depositi non arriva all’11%. O il Vietnam, inflazione al 25%, e interessi al 12%.

Ma naturalmente la causa motrice di tutto è la Federal Reserve: che per tenere a galla le sue banche speculatrici e in rovina non ha fatto che abbassare i tassi, perchè abbiano denaro a basso costo. Ciò favorisce gli USA - dove non esistono risparmiatori, ma solo indebitati, dalle famiglie allo Stato, quindi favoriti dai bassi tassi - ma è un disastro per Paesi dove si risparmia ancora. Come in Germania o, sempre meno, in Italia.

Attualmente 3 miliardi di esseri umani nel mondo sono sotto la bufera dell’inflazione che rode i loro averi monetari. Senza contare lo Zimbabwe (inflazione, un milione per cento) si va dal 25-30% di Argentina e Venezuela, al 21% egiziani; dal 14% del ricco Katar all’8-9% di Cina e India, che forse è l’11-12%.

La causa, ovviamente, sta negli Stati Uniti: che stanno facendo pagare il loro immenso deficit commerciale e pubblico agli altri, svalutando il dollaro. Quanto agli «altri», i loro governanti e capi delle Banche Centrali hanno creduto di fare i furbi comprando a man bassa buoni del Tesoro USA per mantenere alto il tasso di cambio delle loro monete, e dunque più competitive le loro esportazioni.

Hanno comprato i Bond americani stampando la loro moneta nazionale in libertà: ora questa affoga i mercati interni causando la fiammata inflattiva, mentre i Bond USA che hanno accumulato in cassaforte si sciolgono come gelati d’agosto. Ora stanno diversificando comprando euro, attratti dal tasso di ben due punti più alto che quello del dollaro. Ma dato che Trichet ha anche lui stampato moneta per salvare le banche, l’euro è un ben pericoloso rifugio contro l’inflazione.

Trichet vuol far credere di «controllare» l’inflazione tenendo fermo il tasso ad oltre il 5%, e minacciando di aumentarlo. Ma se proprio volesse prendere la misura reale, dovrebbe alzare il tasso più dell’inflazione, ossia sopra l’8%, per retribuire i risparmi. Il che è ovviamente improponibile, con i milioni di gente che ha il mutuo a tasso variabile e le aziende che già non riescono ad esportare. Ma con le mezze misure non si ottiene nulla. Finchè si adottano mezze misure, i prezzi non caleranno, e avremo inflazione più stagnazione.

Se non dovessimo mangiare ogni giorno, sarebbe interessante osservare come il sistema liberista mondiale imposto dal Washington consensus, e portato all’assurdo dogmatico da Bush, si stia sgretolando pezzo per pezzo.

La globalizzzazione aveva promesso prezzi bassi, e tutto rincara. I tedeschi non credono più all’euro e hanno di fatto ricreato il marco. Le banche americane, nonostante tutti i sostegni pubblici della Federal Reserve, continuano a crollare (l’ultima è la Lehman). La Turchia, membro della NATO e soggetta agli USA, ha praticamente stretto un’alleanza con l’Iran, scambiando con Teheran intelligence e coordinando le azioni militari contro il comune nemico, i kurdi (3).

Le minacce di Bush e di Israele all’Iran hanno l’effetto di rincarare ogni volta di più il prezzo del petrolio, con ciò mettendo nelle tasche dell’Iran profitti sempre maggiori, ed aumentandone l’importanza strategica nella regione agli occhi di Cina ed India, i suoi clienti (4).

Quanto alla Cina, metà delle 800 fabbriche di scarpe nel Guangdong hanno chiuso, e migliaia di piccole fabbriche tessili hanno il fiato corto (per cause convergenti: inflazione, apprezzamento dello yuan, costo dei trasporti crescente, rincaro dell’energia). La federazione industriali di Hong Kong avverte che diecimila aziende che operano nella Cina meridionale potrebbero presto fallire.

Insomma la globalizzazione predicata dalle armi USA sta crollando su se stessa, spargendo miseria anche fra i «favoriti». Il tutto sotto un regime di menzogna ufficiale che gabella l’inflazione al 5%, come le armi di distruzione di massa di Saddam e la bomba atomica di Teheran.

In questa situazione, c’è però qualcuno che continua a credere che Bush sia un buon cristiano ed abbia fatto la cosa giusta: il Santo Padre. Ovviamente, è meglio informato di noi: dal cardinal Bertone - il segretario di Stato tifoso di calcio - e dal «politologo» Vittorio Emanuele Parsi, messo in cattedra alla Cattolica come fantolino di Ruini, e che sta ancora studiando da Katz. Alle elementari.

1) Ambrose Evans-Pritchard, «Support for euro in doubt as Germans reject Latin bloc notes» Telegraph, 13 giugno 2008.
2) Ambrose Evans-Pritchard, «Emerging markets face inflation meltdown», Telegraph, 13 giugno 2008. Stephen Roach, «The new stagflation: an Asian export», Financial Times, 12 giugno 2008.
3) Gareth Jenkins, «Turkey admits coordination with Iran», Asia Times, 13 giugno. «On June 6, General Ilker Basbug, the commander of the Turkish Land Forces, confirmed that Turkey and Iran were sharing intelligence and coordinating military operations against the Kurdistan Workers’ Party (PKK) - which is primarily composed of Turkish Kurds - and its Iranian affiliate, the Kurdistan Free Life Party (PJAK). (…) Turkey and Iran first signed a memorandum of understanding (MoU) on security cooperation on July 29, 2004, three months after PJAK’s inaugural congress in April 2004 and two months after the May 2004 decision by the PKK to return to violence following a five-year unilateral ceasefire. This agreement was reinforced on April 17, 2008, by a new MoU which foresaw a broadening and deepening of security cooperation between the two countries».
4) Robert Baer, «How Iran has Bush on a barrel», Time, 11 giugno 2008. «The Iranians haven’t been shy about making clear what’s at stake. If the U.S. or Israel so much as drops a bomb on one of its reactors or its military training camps, Iran will shut down Gulf oil exports by launching a barrage of Chinese Silkworm missiles on tankers in the Strait of Hormuz and Arab oil facilities. In the worst case scenario, seventeen million barrels of oil would come off world markets (…) Four-dollar-a-gallon of gasoline only reflects $100 oil because the refiners’ margins are squeezed», he said. «At $300, you have $12 a gallon of gasoline and riots in Newark, Los Angeles, Harlem, Oakland, Cleveland, Detroit, Dallas».

Link a questo articolo : http://www.effedieffe.com/content/view/3561/179/

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lunedì 7 luglio 2008

Il FMI controllerà gli Stati Uniti


di Maurizio Blondet

Quando uno Stato è incapace di tenere i suoi conti in ordine, accumula debiti su debiti con le banche estere, ed è vicino all’insolvenza, di solito riceve la visita di esperti del Fondo Monetario Internazionale. Questo ente sovrannazionale, nato a Bretton Woods, gestisce la sanità del sistema monetario internazionale; può fornire ulteriori prestiti al Paese rovinato, ma come contropartita, può imporre durissime «ricette di risanamento», che vanno dalla svalutazione della moneta nazionale, alla «privatizzazione» o vendita di «attivi» nazionali (miniere, ad esempio), a tagli della spesa pubblica giudicata improduttiva (secondo i creditori). Praticamente, il Paese è sottoposto a gestione controllata e a pignoramento.

Accade, per lo più, che ricevano la visita del FMI piccoli Paesi africani, o di nessun peso politico. È accaduto all’Argentina. Accade all’Italia, per via del nostro immane debito pubblico.

Ma non è mai accaduto che i revisori del Fondo Monetario bussassero alla porta di Washington: non foss’altro perchè Washington è il principale «azionista» del Fondo, di cui detiene con Londra (i due vincitori della seconda guerra mondiale)
il 60% delle quote.

Stavolta invece accade, e ne dà notizia lo Spiegel: il Fondo Monetario «ha informato» Ben Bernanke, il governatore della Banca Centrale USA (Federal Reserve) che intende procedere a un esame generale del sistema finanziario USA. Il consiglio direttivo ha decretato quello che chiama un «Financial Sector Assessment Program» delle finanze americane. Sarà, scrive Der Spiegel, «nè più nè meno che una radiografia completa del sistema finanziario USA».

Per consentire la valutazione (assessment), «la Fed, la SEC (l’ente di controllo della Borsa), le maggiori banche d’investimento, le banche emettitrici di mutui e i fondi speculativi (hedge fund) saranno richiesti di mettere a disposizione documenti riservatissimi al gruppo FMI. Si chiederà loro di rispondere alle domande che saranno poste durante le ‘interviste’ (ai responsabili). I loro software bancari saranno sottoposti a cosiddette ‘prove sotto stress’ (stress test), ossia a simulazioni di scenari ‘del caso peggiore’ (worst-case), simulanti cioè gli effetti a cascata di fallimenti di altre grandi istituzioni finanziarie o di un prolungato declino del dollaro».

La conclusione: «Mai nessun governatore della Federal Reserve nella storia americana è stato obbligato a sottoporsi alla umiliazione che attende Ben Bernanke».

Una umiliazione che il presidente Bush, aggiunge Spiegel, è ben deciso ad evitare: tanto che ha concesso sì al Fondo Monetario di cominciare la revisione, ma con la condizione che non la finisca prima che lui abbia lasciato la Casa Bianca. Con le conseguenze dei suoi anni di follia monetaria e spese folli, se la vedrà il prossimo presidente.

Ancora Der Spiegel: «Quando il rapporto finale del FMI sul sistema finanziario USA sarà completato nel 2010, e certamente farà scalpore a livello internazionale, una sola delle persone oggi in posti di responsabilità sarà ancora sulla sua poltrone: Ben Bernanke».

Inutile sottolineare ch la libera stampa americana non riporta questa notizia; e nemmeno quella europea s’è mostrata desiderosa di riprendere lo scoop di Spiegel. Noi (che non leggiamo il tedesco) abbiamo trovato l’informazione sul quotidiano «The Age», della lontana Australia.

Che si abbandona a qualche sarcastico commento: immaginate, dice, se la Banca Centrale australiana avesse fatto come quella americana. Se, preoccupata che i suoi amici a Sidney, che hanno nuotato tutta la vita nell’oro, fossero falliti e non potessero più permettersi i loro lussi, e perciò – avendo il potere di intervenire sui mercati – facesse proprio questo per salvarli.

Immaginate una Banca Centrale che entrasse nei mercati a comprare azioni allo scopo di sostenere le demenziali scommesse dei banchieri – scommesse che la Banca Centrale per prima ha incoraggiato fornendo i banchieri di denaro a bassissimo costo.

E non basta: immaginate la nostra Banca Centrale che promette a quei profittatori di fornirli di altri miliardi di dollari a credito, con l’argomento che sono troppo grossi e importanti per l’economia per lasciarli andare in fallimento.

E infine, immaginate se, nonostante l’immane quantità di miliardi di dollari spesi a rastrellare azioni dei loro complici, a cui hanno dato accesso per giunta a somme enormi, il sistema continuasse a precipitare; sicchè la Banca Centrale annuncia che ha bisogno di più grandi poteri e di ancora più segretezza per aggiustare le cose.

Se questo avesse fatto la Banca Centrale australiana (o di qualunque altro Paese), da molto tempo avremmo i revisori dell'FMI a martellare a pugni alla porta nostra. Ebbene, è esattamente quello che ha fatto l’autorità centrale americana. E finalmente, il FMI bussa anche alla sua porta. Era ora.

Ed è anche, aggiungiamo noi, il segno più chiaro del destino storico degli Stati Uniti. Il più grande debitore della storia del mondo non può più esercitare la «sovranità monetaria» nel modo arbitrario in cui l’ha fatto negli ultimi trent’anni. Ora, i creditori mandano il loro agente pignoratore.

1) David Hirst, «IMF finally knocks on Uncle Sam’s door», The Age, 30 giugno 2008.

fonte: http://www.effedieffe.com
Link a questo articolo : http://www.effedieffe.com/content/view/3779/179/

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Progetto Starfish: il giorno in cui il cielo si incendiò


Per la stesura del seguente articolo dobbiamo ancora una volta ringraziare il gentilissimo Dottor Ginatta che ci ha segnalato il libro di Umberto Rapetto, colonnello della Guardia di Finanza, e Roberto di Nunzio, giornalista ed ex manager delle strategie di comunicazione dello Stato Maggiore dell'Esercito. E' qui il caso di chiedersi che ruolo adempiano questi due personaggi delle istituzioni che, nel loro testo, attribuiscono, di fatto, non di rado alle superpotenze, non solo la manipolazione climatica (scie chimiche), ma anche la guerra psicotronica (mind control), l'impiego di armi al laser ed elettromagnetiche, lo scatenamento di terremoti per mezzo di esplosioni nucleari sotterranee e mille altre atrocità. Chi sono dunque costoro? Dei dissidenti che, pur timidamente e con molte ambiguità e depistaggi, vogliono avvertire i cittadini dei pericoli connessi alle attività delle strutture militari? Sono forse dei disinformatori mascherati? Poco importa, almeno per ora: le loro rivelazioni, confermate da altre fonti, testimonianze ed osservazioni, sono preziose. Il riferimento a dispositivi elettromagnetici è, per esempio, utile per comprendere gli sviluppi dell'operazione "chemtrails", sempre più potenziata e resa efficace dal massiccio ricorso a questa forma di energia.
“Il 9 luglio 1962 gli Stati Uniti avviarono una serie di esperimenti relativi alla ionosfera: un ordigno da un kilotone fu fatto esplodere ad un'altitudine di 60 km, insieme con un altro da un megatone ed un terzo da più megatoni ad alcune centinaia di km di quota. Questi tests danneggiarono seriamente la parte interna delle fasce di Van Allen, suscitando l'indignazione internazionale. Gli esperimenti in questione, etichettati come Progetto Starfish, alterarono la forma e la densità della fascia di Van Allen, con la conseguente precipitazione di particelle nell'atmosfera. [1]

Il giorno 11 maggio 1962 il Keesings Historische Archief aveva anticipato che le esplosioni atomiche avrebbero interferito con il campo magnetico terrestre, creando anche seri problemi alle telecomunicazioni. La deflagrazione generò una sorta di cupola artificiale di luce polare visibile anche alla latitudine di Los Angeles. Un lupo di mare delle Isole Fiji raccontò che il cielo parve incendiarsi. Qualche mese dopo l'Unione Sovietica compì analoghi esperimenti con tre esplosioni tra 7.000 e 13.000 km dal suolo. Il danno cagionato, secondo molti scienziati, potrà forse essere sanato in alcune centinaia di anni”.


Non dimentichiamo che le esplosioni nucleari si possono considerare anche un'arma di tipo elettrodinamico, poiché esse generano una spaventosa onda d'urto di tipo elettromagnetico.

"L’impulso elettromagnetico o E.M.P. (electro magnetic pulse) fu osservato estensivamente per la prima volta durante gli esperimenti nucleari della serie Fishbowl, comprendenti i tests Starfish, Checkmate, Bluegill e Kingfish condotti all'inizio degli anni '60 con esplosioni nell’alta atmosfera. Durante queste detonazioni, si verificò la generazione di un forte impulso elettromagnetico che si propagò in tutte le direzioni come un’onda d’urto e con un'intensità che, inizialmente, era stata sottostimata. Questa onda d’urto elettromagnetica fu in grado di indurre elevate correnti nei dispositivi elettrici ed elettronici anche posti a notevoli distanze. I picchi di corrente in alcuni casi furono di entità tale da generare il calore sufficiente a portare a temperatura di fusione i circuiti o ad interrompere i fusibili. Si dimostrò, quindi, la potenziale capacità di provocare pesanti danni su vasti territori, rendendo inefficienti i sistemi elettrici ed elettronici.


I resoconti più esaurienti si hanno a proposito degli effetti sperimentati sulle Isole Hawaii nel caso dell'esplosione Starfish Prime. Gli effetti E.M.P. furono evidenti anche a oltre 1.300 km di distanza e le misurazioni portarono ad una prima comprensione del fenomeno.
I componenti soggetti a questo tipo di danni sono i seguenti, elencandoli in ordine decrescente di vulnerabilità: circuiti integrati (I.C.), processori (C.P.U.), componenti a base di silicio; transistor; valvole termoioniche; induttanze e motori.

Le armi nucleari specializzate nella produzione di E.M.P. appartengono alla terza generazione di ordigni nucleari. Le armi elettromagnetiche sono ancora essenzialmente ad alto livello di classificazione di segretezza, ma gli analisti militari e gli esperti generalmente ipotizzano che le bombe-E sfruttino sorgenti con generatori a compressione esplosiva del flusso. Secondo alcune fonti, la U.S. Navy ha impiegato bombe elettromagnetiche sperimentali durante la Guerra del Golfo del 1991. Questo tipo di bombe era armato con dispositivi che convertivano l’energia degli esplosivi convenzionali in un impulso elettromagnetico. La C.B.S. News ha riferito dell’uso di una bomba-E sulla sede della televisione irachena, durante la guerra in Iraq del 2003, ma la notizia non è stata confermata da fonti ufficiali".

Ci si può chiedere quali siano i motivi che spinsero governi dominati da pazzi e "scienziati" scellerati a compiere questi rovinosi esperimenti: furono, in primo luogo, tests bellici, ma non si può escludere che, poiché le fasce di Van Allen comportano rischi anche gravi per gli astronauti e per le strumentazioni spaziali, i militari abbiano deciso di lacerarle per facilitare le missioni nello spazio. Il ricorso ad armi che provocano distruttivi impulsi elettromagnetici diventa chiaro, se si ricorda quanto gli esecutivi temano ed odino chi potrebbe spodestarli e dimostrare all'opinione pubblica mondiale che i nostri amati governanti sono talora dei veri criminali.

[1] Le cinture di radiazione di Van Allen sono due zone di intense radiazioni catturate dalla magnetosfera che avvolgono la terra principalmente al di sopra delle regioni equatoriali. Furono scoperte dall'astrofisico statunitense James Alfred Van Allen (1914) per mezzo del satellite Explorer, nel gennaio 1958. La cintura più interna è formata per lo più da protoni; la radiazione di questa banda risente delle tempeste geomagnetche e varia col ciclo solare di 11,1 anni. La fascia esterna è costituita principalmente da elettroni.

Fonti:

Enciclopedia dell'Astronomia e della Cosmologia, Milano, 2005, s. v. Fasce di Van Allen
D. Pasquariello, Gli alieni hanno paura delle armi nucleari, 2007
U. Rapetto, R. Di Nunzio, Le nuove guerre, 2001

http://www.tankerenemy.com

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giovedì 3 luglio 2008

Reazione a catena


I SEI MESI DECISIVI di Maurizio Blondet

Il semestre da luglio a dicembre 2008 sarà, per il pianeta, il tuffo nella fase d’impatto della crisi sistemica globale. E’ «l’alerte» lanciata dal Gruppo francese di analisi Europe 20/20 (1).

Apparentemente, la previsione si sta già avverando in USA - dove manca ogni genere di ammortizzatore sociale o economico - con il crollo del Dow Jones di oltre 30 punti, il petrolio a 140, Lehman Brothers vicina al tracollo; Goldman Sachs che dà valutazioni in discesa di Merrill Lynch e Citigroup (e Merrill Lynch che svaluta Goldman Sachs); American Express che denuncia l’accumulo di arretrati dei loro clienti nel pagare i debiti, mentre Federal Express segnala un netto rallentamento di ogni tipo di trasporto; United Airlines che licenzia 950 piloti (il 15% del totale), General Motors che ha visto un calo delle vendite del 28%, e non può più fare offerte speciali per attrarre compratori a rate, perchè la sua finanziaria, la GMAC, è schiacciata da insolvenze dei clienti che l’auto l’hanno già comprata, e non riescono a pagarla.

E sì che l’auto sta diventando la casa in cui dormono sempre più famiglie della classe media, che hanno avuto l’immobile pignorato non potendo pagare il mutuo. Nella ricca e chic Santa Barbara, California, sono già 800 i pignoramenti delle belle ville, e 800 famiglie hanno raggiunto i senza tetto nei parcheggi a loro riservati. Questa è l’America, già oggi (2).

E quando toccherà al resto del mondo? Europe 20/20 risponde: «E’ nel corso del semestre prossimo che convergeranno con il massimo d’intensità tutte le componenti della crisi - finanziaria, monetaria, economica, strategica, sociale, politica». E descrive i «otto fenomeni maggiori che segneranno i sei mesi futuri in modo decisivo, e orienteranno gli anni 2009-2010».

Primo: «Il dollaro a perdere (per fine 2008, 1 euro sarà eguale a 1,75 dollari). Il panico del collasso della divisa USA assilla la psicologia collettiva americana».

Secondo:
«Rottura del sistema finanziario mondiale a causa dell’impossibile tutela di Washington».

Ben Bernanke, capo della Federal Reserve, ha parlato di una volontà di «rafforzare» il dollaro. Le sue parole risibili sono tutto quel che resta per ritardare la presa di coscienza collettiva, da parte di tutti i detentori di valuta USA, che Washington non ha più i mezzi per sostenere la sua moneta. Nel 2006 ancora la caduta del dollaro era una politica deliberata con lo scopo di ridurre il deficit commerciale americano e il valore reale del debito USA verso il mondo, che è ovviamente denominato in dollari. Ma ora questa tattica «si rivolta contro i suoi inizatori, e si trasforma in una fuga generalizzata verso l’uscita dagli USA».

Fra poche settimane, quando si vedrà che è impossibile organizzare a livello mondiale un’azione qualunque per stabilizzare il dollaro, in quanto l’economia USA affonderà sempre più in basso nella recessione, mentre il mondo è già ingorgato di dollari di cui nessuno sa come liberarsi, «allora il sistema finanziario globale esploderà in diversi sotto-sistemi che tenteranno di sopravvivere alla meglio, in attesa che compaia un nuovo equilibrio finanziario mondiale».

La teoria indicherebbe a Washington la via per stabilizzare il dollaro: dovrebbe rialzare nettamente i tassi d’interesse (oggi al 2%) e ridurre drasticamente la creazione di moneta dal nulla. Ma in pratica, ciò produrrebbe l’arresto immediato, in poche settimane, dell’economia americana, quella finanziaria e quella reale.

Il mercato immobiliare si ridurrebbe a zero, dato l’aumento rovinoso dei mutui a tasso variabile (altri pignoramenti a migliaia) e per mancanza di credito a basso costo; il consumo americano diventerebbe negativo, ritraendosi mese per mese; i fallimenti di imprese sarebbero esponenziali, Wall Street crollerebbe sotto il peso dei suoi debiti e sotto l’esplosione del mercato del CDS (collateralized default swaps), i derivati sempre presentati come «un’assicurazione» contro i rischi borsistici, ma che non assicureranno nessuna visto che le controparti (che dovrebbero rifondere) saranno già vaporizzate dalla crisi.

In breve, applicare la ricetta che la teoria consiglia in questi casi è, politicamente, inaccettabile per qualunque presidente USA, per i suoi effetti sociali. D’altra parte il vecchio trucco americano, farsi prestare i soldi dai suoi fornitori per poter restare il grande consumatore globale, non è più praticabile. Solo dopo un rafforzamento del dollaro, con la cura da cavallo imposta dalla teoria, la Cina e gli altri creditori tornerebbero a comprare i Buoni del Tesoro USA; siccome questo non avverrà, ciascuno farà per sè. Ecco la «rottura» del sistema globale.

Europe 20/20 ricorda, a questo proposito, che Pechino, massimo detentore di riserve in dollari (su cui ha perso, da gennaio, 75 miliardi di dollari per il calo della valuta USA), ha agito con moderazione fino ad ora, perchè vuole garantire il successo delle sue Olimpiadi. Da metà agosto, questo freno non ci sarà più: e la Cina può ricorrere ad «opzioni brutali».

Terzo fenomeno: il crollo dell’economia reale USA si manifesterà in tutta la sua evidenza.

Quarto: «Unione Europea: la periferia cade in recessione mentre il nucleo della zona euro rallenta solamente». L’Italia, è inutile dirlo, fa parte della «periferia», con Spagna, Grecia, Portogalllo, Irlanda e Francia. La disparità con i risultati della Germania sottoporrà l’euro a una tensione forse insopportabile: come si è già notato, i BOT italiani, benchè in euro, devono pagare un interesse più alto che i BOT tedeschi pure in euro.

Quinto:
«L’Asia sotto il doppio colpo di bambù». Il primo colpo è l’inflazione, il secondo è il calo decisivo delle esportazioni nel principale mercato che assorbe le merci cinesi, coreane e giapponesi - gli USA - e un forte rallentamento del secondo mercato, l’Europa. Una doppietta che farà molto male a Paesi che hanno puntato tutto sulla riduzione dei costi del lavoro e sulla competitività nell’export, e che oggi vedono aumentare i costi produttivi per il rincaro delle materie prime (petrolio anzitutto) e dei salari (da inflazione, in Cina sul 10%). Si aggiunga che nei giorni scorsi il Congresso degli Stati Uniti - questi predicatori dell’apertura liberista - ha posto un dazio del 700% sull’import di acciaio cinese.

Sesto: «America latina: difficoltà crescenti, ma crescita mantenuta per gran parte della regione». Due le eccezioni: la crisi colpirà duramente il Messico, direttamente legato all’economia USA che sarà in depressione, e l’Argentina (di nuovo).

Settimo:
«Mondo arabo - regimi filo-occidentali alla deriva». Europe 20/20 prevede «un miscuglio di disordini da fame (rincaro del cibo), di esplosione dell’integralismo (il prestigio di Hezbollah, di Hamas e dell’Iran), cui va aggiunta l’incapacitò di Washington e dei suoi alleati europei di una politica che non sia militare». Previsione: «60% di rischi di esplosione politico-sociale sull’asse Egitto-Marocco». Quanto alla probabilità di un attacco USA o israeliano ad ottobre, il gruppo francese la pone al 70%.

La nomination di Barak Obama non fa che aumentare il rischio: l’uscente Bush, repubblicano, potrebbe dare il via libera all’attacco fra l’eventuale vittoria di Obama su McCain, e il suo insediamento effettivo.

Ottavo:
«Le banche nella collisione delle bolle». Soprattutto le banche mondiali americane e britanniche sono minacciate dall’esplosione di quattro bolle speculative convergenti.

E’ dello stesso parere emesso dalla Barclay’s Bank, per voce del suo capo della strategia azionaria, Tim Bond (3): ha avvisato i clienti a prepararsi a «una tempesta finanziaria mondiale», dato che la credibilità di Bernanke è crollata «sotto zero». «Siamo in un brutto ambiente; è entrato lo shock inflazionistico, che sarà molto negativo per gli attivi finanziari. Facciamo come le tartarughe, ritiramoci nella nostra corazza. Gli investitori si dovranno considerare fortunati se riusciranno a preservare i loro beni».

Intanto, di cosa discutiamo furiosamente in Italia? Se prendere o no le impronte digitali ai piccoli ladri zingari, che danno false generalità e non sono punibili per età, e per questo sono mandati dai cari genitori a rubare al posto loro. Oppure, ci dividiamo sulle scemenze che si dicono al telefono i ka... ni che stanno ai posti di comando, pensando a veline e TV.

Con questo dato curioso: coloro che sono contro le impronte degli zingari perchè «violano la privacy», sono gli stessi che si dichiarano a favore delle intercettazioni a tappeto, che violano molto più la privacy. Senza contare che anche gli zingari bambini e senza nome che mettono le mani nelle borsette, violano alquanto la privacy. Fortuna che in Italia abbiamo il garante della privacy.

Occorrerebbe un «garante della logica»: ma sarebbe solo una nuova poltrona a spese del contribuente e a beneficio di qualche politico trombato.




1)
«Alerte LEAP/E2020: Juillet-Décembre 2008, le monde plonge au coeur de la phase d’impact de la crise sistémique gloable», 15 giugno 2008.
2) Steven Pearlstein, «This recession, it’s just beginning», Washington Post, 27 giugno 2008.
3) Ambrose Evans Pritchard, «Barclays warns of a financial storm as Federal Reserve’s credibility crumbles», Telegraph, 27 giugno 2008.

fonte: http://www.effedieffe.com

Link a questo articolo : http://www.effedieffe.com/content/view/3735/179/

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